Il
Caminho Portugues
Sono
le 5 del mattino ed è notte fonda quando inizio a svegliare
i miei compagni di cammino che dormono pacificamente sulle brande
dellalbergue di Padron. Qualche stiramento di braccia, qualche
volto assonnato e poi un fascio di luci di torce elettriche alla
ricerca dei vestiti e lovattato fruscio di sacchetti aperti
e richiusi, di lampo che vanno in su e giù e di passi che,
nonostante si cerchi di fare il meno rumore possibile per non dare
troppo disturbo agli altri pellegrini, sembrano toccare ogni punto
sonoro del pavimento di legno.
Una veloce colazione a base di dolcetti secchi acquistati il giorno
prima, un po di tè e poi via tra le braccia della notte
a seguire con difficoltà, nel buio con la sola luce delle
lampade frontali, le frecce gialle che indicano il cammino.
In questo caso non è la Via Lattea a indicare la strada,
ma la stella polare, perché non stiamo percorrendo il classico
Cammino Francese, ma una variante del Cammino di Santiago: il cosiddetto
Caminho Portugues che, partendo da Lisbona e passando da Porto,
Valenza do Minho e Pontevedra tocca anche Padron, dove, secondo
la leggenda, approdò la barca che portava il corpo dellapostolo
Giacomo arrivato fin qui dalla lontana Terrasanta.
Stamattina, passando assonnati accanto alla chiesa principale di
Padron, pochi si ricordano di come il giorno prima avevamo visto,
toccato e fotografato la bitta di pietra alla quale sarebbe stata
ormeggiata la barca dopo la sua lunga traversata e del miracolo
accaduto proprio mentre stava attraccando.
Sembra infatti che, durante un matrimonio che si svolgeva sulle
rive del mare che allora era a poca distanza dalla chiesa, il cavallo
dello sposo inciampò e fece cadere il cavaliere nellacqua
dove sprofondò immediatamente. Gli invitati stavano già
a piangendo la sua morte quando ad un tratto, lo sposo riemerse
con il corpo tappezzato di conchiglie mentre i discepoli di Santiago
che passavano li vicino, con il corpo del santo sulla barca, ne
invocavano lintervento divino.
Vero o no, come tante altre leggende su Santiago, questultima
spiega perché la conchiglia è diventato lemblema
del pellegrinaggio, anche se forse, più semplicemente, si
trattata solo di un souvenir molto comune, ma insolito per gran
parte dei pellegrini, da riportare a casa come testimonianza del
loro arrivo alla tomba dellapostolo.
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Leggende
a parte proseguiamo sotto una pioggerellina fitta e noiosa che
ci costringe a indossare il poncho per non bagnarci e così,
tra stradine tortuose che passano tra piccoli gruppi di case avvolte
nel buio e nel silenzio della campagna circostante, le nostre
figure ammantate e rese deformi dallo zaino ci tramutano in un
gruppo di presenze inquietanti.
Siamo partiti così presto per cercare di arrivare in tempo
a Santiago per la messa del pellegrino che si celebra ogni giorno
alle 13.00 nella grandiosa cattedrale, ma ben presto il gruppo
non ce la fa a mantenere il passo dei più veloci e così
ci sgraniamo lungo il percorso frazionandoci in piccoli gruppi,
lultimo dei quali è quello formato da chi ha più
problemi fisici derivanti da una camminata di 230 chilometri che
non è stata certo una passeggiata.
E così io mi accodo con Luca, che una fastidiosa tendinite
ha costretto a fare in autobus le ultime tappe, ma che si vuole
riscattare per lultima anche a costo di piangere per il
dolore, e con Valeria, a cui le spalle non reggono più
e si alterna a portare lo zaino sulle spalle o a trascinarlo dietro
di se con un ingegnoso, ma poco pratico, sistema di rotelle.
E mentre sui cippi di cemento, con il simbolo della conchiglia,
il numero dei chilometri si va sempre più assottigliando
e ormai è sotto la decina, viene da ripensare a tutta la
strada fatta tra i boschi profumati di eucalipti, sotto i pergolati
di viti sorretti da colonnine di granito, tra gli odori delle
stalle e delle cantine nei villaggi portoghesi, sopra le arcate
di ponti costruiti dai romani, lungo stradoni di periferia industriale
sballottati dallo spostamento daria di autoarticolati.
Eravamo partiti 10 giorni prima da Porto, dopo la benedizione
impartita al nostro gruppo tra le arcate gotiche del Sé,
la cattedrale della città, per poi percorrere le stradine
del quartiere di Ribeira che scendono verso le banchine del lungo
Douro, lungo le quali sono ormeggiate in bella mostra le antiche
imbarcazioni che portano, in bella mostra sulle vele o lungo le
fiancate, il nome delle cantine di quel vino famoso a cui la città
da il nome.
E una sensazione particolare quella di iniziare un percorso
a piedi partendo dal centro di una città e di percorrere
le vie principali, affollate di gente, tra negozi illuminati e
il traffico che pian piano si diluiscono in un ambiente sempre
più tranquillo e dominato dalla natura che però
ti facilita a immergerti in questo spirito nuovo che ti da il
sapere di camminare per più giorni per raggiungere una
meta lontana, lontana anche per chi dovesse affrontare un viaggio
in macchina.
Qualcuno si lamenta per i tratti asfaltati che siamo costretti
a percorrere, altri per lo squallore di alcuni tratti di periferia
o delle zone industriali che circondano le città più
importanti, ma il viaggio a piedi su un cammino come quello di
Compostela, che non è un vero percorso trekking immerso
nella natura e basta, è sicuramente una metafora della
vita dove purtroppo non ci sono solo cose belle, ma periodi anche
tristi, brutti, che non si possono evitare e lunica soluzione
è accettare le cose per come sono.
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Fortunatamente
questi tratti non sono così frequenti e il Caminho passa
anche tra pittoreschi paesini dominati quasi sempre da un immancabile
chiesa decorata da azulejos, le ceramiche dipinte del Portogallo.
Frequenti sono anche le croci in pietra, molte volte con un immagine
di Santiago stesso o con decorazioni raffiguranti la passione
o la deposizione, e anche i pelourinhos, le antiche colonne della
vergogna alle quali venivano legati i ladri o i delinquenti in
genere, esposti così alla pubblica infamia. In Galizia,
un altro elemento che caratterizza le campagne, sono gli horreos,
antichi granai appoggiati su blocchi di pietra per impedire ai
topi di raggiungere il grano, che in queste zone sono interamente
fatti di pietra, al contrario che nelle Asturie dove prevalgono
quelli di legno.
E considerato un così importante simbolo dellattaccamento
alla propria terra che, in quasi tutti i giardini delle recenti
villette, una moderna replica fa bella mostra di se, quasi a voler
indicare a tutti lappartenenza del proprietario al popolo
galiziano.
Numerosi poi sono i ponti medievali o di origine addirittura romana
che attraversano i torrenti e i fiumi di questa regione che è
molto ricca dacqua. E con una certa suggestione che
percorriamo il selciato di pietra del ponte di Lima, semplice
ma imponente con le sue 31 arcate, che attraversa il Rio Lima
nel punto dove duemila anni fa si arrestarono i legionari romani
convinti di essere arrivati sulle sponde del terribile fiume Lete,
il fiume delloblio, e che solo il coraggio del loro comandante,
Decimo Junio Bruto che lo attraversò per primo e sullaltra
sponda chiamo i propri soldati ad uno ad uno con il proprio nome,
gli permise di valicare questa frontiera mitologica.
Ma forse la cosa che rimane più nel cuore sono gli incitamenti
e gli auguri che la gente cindirizza quando ti vedono come
pellegrino, come colui che si sta sottoponendo a una prova non
comune, difficile, faticosa. E così i buon viaggio e le
benedizioni sono comuni, ma quello che mi è rimasto più
impresso è stato il pugno chiuso, come per dire forza,
tieni duro! di un automobilista che ci ha dato la precedenza
ad un attraversamento pedonale. Automobile contro il cavallo di
San Francesco, persona stanca e con un fardello sulle spalle contro
chi è comodamente seduto, pellegrino in un paese straniero
contro un abitante del luogo; forse proprio perché in quel
momento eravamo ai due estremi che questo è stato il saluto
più indimenticabile.
Tutto questo ti riaffiora come in un veloce playback mentre sulla
Rua de Franco percorri le ultime centinaia di metri per arrivare
alla cattedrale di Santiago. Tra i turisti e gli abitanti del
posto ormai hai locchio allenato a riconoscere i pellegrini
che come te stanno per arrivare allagognata meta. Volti
bruniti da un mese di aria aperta, zaini che hanno laria
di vissuto, conchiglie pendenti da massicci bordoni o che decorano
cappelli, bende elastiche ai ginocchi o un passo zoppicante
sotto il Portico della Gloria si raccoglie una umanità
proveniente da ogni parte del luogo, di ogni età e di ogni
estrazione sociale, ma riunita da un unico scopo, accomunata da
un ideale e che è arrivata fin qui, mentre aspetta di poggiare
la mano nei cinque incavi alla base della colonna centrale, con
un esperienza indimenticabile nel cuore, la stessa, forse, che
mille anni fa è riuscita a smuovere da casa centinaia di
migliaia di persone per arrivare, tra mille pericoli e difficoltà,
in questo estremo lembo dEuropa.
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