Mani,
in Grecia sulle tracce di un libro
Sa
dove abita il Signor Patrick Leigh Fermor? Chiesi in inglese
al proprietario di un piccolo negozio di souvenir e giornali lungo
la strada principale di Kardamyli, un piccolo paese sulla costa
della Messenia, la regione che occupa il dito centrale
del Peloponneso, la parte più meridionale della Grecia. Ero
appena arrivato in paese dopo tre giorni di cammino e di bivacchi
sotto le stelle, dopo aver lasciato Sparta e le rovine di Mystras,
e avevo ormai alle spalle anche la catena del Taigeto e il suo picco
più alto, il Profitis Ilias, che potevo intravedere anche
ora, con il suo piccolo cappuccio di neve, nonostante fosse la metà
di maggio. Il nostro scrittore?
Abita nella baia al
di là di questa collina. Mi rispose con gentilezza
il proprietario, quasi vantandosi di poter dare uninformazione
importante e prestigiosa. E così mi incammino sulla strada
asfaltata, la prima dopo chilometri di sentieri spesso sassosi e
giungo in prossimità della baia indicata, un piccolo angolo
di arcadia deturpato solo in parte da un residence moderno
che per fortuna hanno costruito con gusto e ben intonato allambiente.
Della casa di Patrick però nessuna traccia, se non un boschetto
di cipressi più fitti che potrebbe nascondere qualcosa. Mi
inoltro per un oliveto, in parte terrazzato con muretti a secco,
lungo un sentiero che passa tra lerba alta, papaveri, ingrassabue,
sileni e borragine, fino ad arrivare ad un muro di cinta e ad un
portone con una targhetta con su scritto privat.
Il portone si apre facilmente ed entro timidamente, ma con un emozione
che sta montando sempre di più, cercando con lo sguardo qualcuno
a cui chiedere permesso e mi inoltro in un piccolo portico che da
su un giardino di olivi e siepi di lavanda delimitato da un pavimento,
decorato da ciottoli bianchi e neri come avevo visto già
a Lindos nellisola di Rodi. Costeggio i muri di una casa in
stile rustico ad un piano e mi affaccio ad una porta socchiusa che
dà su una piccola cucina dove è indaffarato una giovane
greca.
Kalimera, esordisco con cautela e poi proseguo in inglese:
è qui che abita il signor Patrick?. Si.
E al suo si, incredulo di così tanta fortuna, dopo che avevo
passato in rassegna tutte le possibili probabilità che potevano
impedire di poterlo incontrare, non tanto in casa, ma ancora in
vita, dico tutto di un botto: Senta, sono tre giorni che cammino
vengo da Sparta e ho fatto tutto il percorso che il Signor Patrick
ha fatto 50 anni fa
è possibile parlare con lui?.
E così ho la possibilità di incontrare e di parlare
a quella persona che da quando avevo comprato il suo libro Mani,
viaggio nel Peloponneso, era diventata una sorta di mito.
Leggendo la sua biografia si scopre che a 18 anni parte da Londra
e, a piedi, attraversa tutta lEuropa centrale e balcanica
fino ad arrivare a Costantinopoli. Studioso della cultura bizantina,
studia il greco, il rumeno e compie altri viaggi nel mondo. Durante
la seconda guerra mondiale è paracadutato nellisola
di Creta occupata dai tedeschi, organizza la resistenza partigiana
e cattura il comandante della guarnigione nazista dellisola.
Nel dopoguerra si trasferisce definitivamente in questo angolo della
sua amata Grecia e con laiuto della moglie progettano e costruiscono
la loro casa. Sono tra gli ultimi amici di Bruce Chatwin e saranno
proprio loro a seppellire le ceneri dello scrittore sotto un olivo
nei pressi di una chiesetta a pochi chilometri di distanza da Kardamyli.
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Ora
ero lì, davanti a lui, ancora in gamba nonostante i suoi
novanta anni e il recente lutto della moglie, e mentre mi faceva
una dedica sulla copia del libro che avevo portato dallItalia,
confrontavo la sua signorile immagine nella foto in bianco e nero
stampata sulla copertina del libro, con la figura che avevo davanti,
che manteneva la stessa fierezza di portamento.
Farà bene a stare attento se va su ad Anavriti,
con questa frase così poco promettente Patrick iniziò
il suo viaggio attraverso il Mani. Io invece, dopo aver bivaccato
presso una sorgente vicino a Mystras, incontro, presso un gruppo
di case isolate, un uomo alle prese con una grossa tavola di legno
e mi offro di darli una mano. Il lavoro è breve, la tavola
serve per fare ombra alla capra, e per compenso mi invita a casa
e mi offre una colazione a base di dolcetti tipici e formaggio
fresco. Il mio inizio sembra più promettente! Anavriti,
il paese più grosso alle pendici del Taigeto sul versante
di Sparta, è ormai un villaggio di vacanze estive, popolato
da qualche anziano che non sale più sui sentieri da capre
del monte, ma una buona base per gli escursionisti che vogliono
esplorare le sue montagne. Sul libro invece si parla persino di
un paese popolato di ebrei, ma solo per invidia degli abitanti
limitrofi per il loro talento nel commercio dei prodotti locali,
e forse perché in queste montagne si annidarono gli ultimi
popoli a cedere al cristianesimo, i melig, slavi provenienti dalla
Bulgaria. Da qui Patrick, con laiuto di Jorgo, una guida
locale, salì fino al crinale della montagna, a più
di duemila metri, per arrivare ad un passo presso una piccola
fonte nella quale ammorbidisce del pane secco, lo paximadia, cibo
primario dei pastori e degli antichi eremiti, per un pranzo a
base di pomodori e cetrioli. Anchio mi fermo per il pranzo
sul crinale indicato, ma della fonte nessuna traccia, il pendio
sullaltro versante appare troppo ripido, e così,
pur seguendo con lo sguardo la selvaggia gola di Koskarakas che
Patrick aveva percorso, io mi trovo a dover costeggiare il Taigeto
sul versante orientale. Il sentiero passa tra grandi pini e grandi
silenzi, interrotti solo dal vento e dal rumore di molte sorgenti,
spesso circondate da grandi platani, senza incontrare nessuno
per ore. Mi fermo presso lunico rifugio alpino del Peoloponneso,
chiuso, bivaccando sopra un morbido letto di aghi di pino. Sopra
di me troneggia la cima più alta del Taigeto, il Profitis
Ilias, alto 2400 metri, il cui nome, comunissimo sui monti della
Grecia, non ha niente a che vedere con il famoso profeta Elia,
ma è una reminescenza di un passato pagano non del tutto
cancellato: Ilias si trasforma facilmente in Ilios, il sole.
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Il
giorno dopo, sconfitto nel tentativo di salire sulla cima dalla
troppa neve, continuo a girare intorno alla montagna fino a scendere
nelle gole di Viros, del tutto simili a quelle che aveva percorso
Patrick e solo di qualche chilometro più a sud. Il sentiero,
una volta percorso da carovane di muli che portavano sale e pesce
secco allinterno e pelli conciate e formaggio sulla costa,
e dai pastori transumanti, oggi è quasi impercorribile e
difficilmente potrò incontrare una famiglia di pecorai intenti
a cuocere in grandi paioli il latte lungo la gola, come ci racconta
nel libro. E solo nel tardo pomeriggio che la gola si allarga,
vicino a un piccolo abitato e una chiesa, quasi nascoste da una
macchia che ha ripreso i campi strappati con tanta fatica dai contadini
greci nel corso di secoli, per poi restringersi di nuovo poco prima
di arrivare al villaggio di Chora, finalmente abitato, dove si svolge
la stessa scena descritta da Patrick al termine della sua traversata;
da dove vieni?, mi domandano ad un alberghetto in cui
stanno facendo una festa locale, vedendomi con un grosso zaino sulle
spalle, da Mystras! , gli rispondo con soddisfazione,
da Mystras? mi rispondono con incredulità, Sarai
morto, quelle rocce da capre ammazzerebbero chiunque. Sono una disperazione,
ti fanno sputare lanima!
E così con due giorni pieni di cammino alle spalle sono arrivato
a Kardamyli, la porta di accesso allalto Mani, una regione
così diversa da ogni altro luogo della grecia che immediatamente
suggerisce ad ogni abitante del resto della nazione quattro cose:
lusanza della faida, i lamenti funebri, Petrobey Mavromichalis,
uno dei principali capi al tempo dellindipendenza greca e
il fatto che il Mani fu una delle poche zone che strappò
la propria indipendenza ai turchi e riuscì a mantenerla.
La sera vado alla ricerca della taverna di Stratis Mourtzinos, un
oscuro oste, che nel libro Patrick ipotizza come lultimo discendente
della famiglia dei Paleologhi. Ormai Stratis è morto da tempo,
ma sul semplice tavolo di legno affacciato sul golfo di Messenia,
davanti ad un bicchiere di retsina mi rileggo volentieri il suo
volo dimmaginazione che ipotizza che la Turchia ceda di nuovo
Istanbul ai greci e che loro instaurano una nuova monarchia illuminata
con lultimo discendente, appena ritrovato, dei loro antichi
imperatori; ..nella grande basilica risuona linno dei
cherubini, e mentre limperatore sta a destra del katholikon
e il patriarca a sinistra, dalla cupola, come dalla bocca di un
arcangelo, viene una voce seguita dalla fanfara di diecine di trombe
dal lungo tubo, mentre in tutta Bisanzio gli araldi proclamano lImperatore
Eustrazio, Servo di Dio, Re dei Re, Augustissimo Cesare e Basileus
e Autocrate di Costantinopoli e della nuovo Roma. Tutta la città
è scossa da un interminabile grido assordante e lacrime di
felicità scorrono per le guance del mosaico della Vergine
.
Un tuffo nella storia e nello splendore della corte bizantina.
Sono solo al terzo capitolo di un libro che ne conta venti, il Mani
è appena iniziato: ho ancora molto da leggere e da camminare.
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